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Sossio Giametta

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Historian hyödystä ja haitasta elämälle (1967) — Kääntäjä, eräät painokset847 kappaletta

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Cinque stelle perchè questo, a mio parere, è "il libro definitivo": solo 170 pagine, 30 argomenti, una postfazione, per pochi euro hai tra le mani un libro che ti dice tutto quello che è necessario sapere nel XXI secolo.Mi limito a dire questo e mi riservo di completare, appena possibile, questa recensione che è per il momento "work in progress" ...

Lettura completata

Cinque stelle ***** perchè questo, a mio parere, è “il libro definitivo”: solo 170 pagine, 30 argomenti, per pochi euro hai tra le mani un libro che ti dice tutto quello che è necessario sapere nel XXI secolo. Per giustificare questa mia scelta cercherò di sintetizzare alcune delle trenta idee che caratterizzano i capitoli del libro: la conoscenza, la responsabilità, la religione, il metodo, il nichilismo, la matematica e la logica, il tempo, te stesso, la natura, l’omosessualità, evi-avi, essere, sostanza, essenza, il senso della vita, il libero arbitrio, il genio, l’idealismo e il realismo, la filosofia della politica, il nazismo, la vita è sacra, l’immortalità, Atene e Gerusalemme, Gesù Cristo.

Tutto inizia con la parola chiave che è la “essenza” così come la intese Giordano Bruno. Secondo il Nolano questa è “l’essenza divina che è tutto in tutto, empie tutto ed è la più intrinseca alle cose che la essenzia propria di quelle, perchè è la essenzia delle essenzie, vita de la vita, anima delle anime”. Invece negli esseri viventi ci sono due “cose” eterogenee ma inscindibilmente intrecciate tra loro: l’essenza e le condizioni di esistenza. L’essenza è divina, le condizioni di esistenza sono le nostre, umane, quindi “diaboliche”. “Dunque l’essenzialismo afferma la necessità di una visione di pienezza: del macroantropo e del microcosmo, di tutto il positivo e tutto il negativo e del loro intreccio indissolubile in noi e per noi.”

Nel capitolo successivo riguardante la Natura, per comprendere questo conflitto, il filosofo Sossio Giametta consiglia lo studio del libro di filosofia più bello, completo e profondo perchè consente la decifrazione del mondo: “Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenhauer. Egli dipinge il grande affresco della vita umana, delle virtù e dei vizi degli uomini spiegando molte cose inspiegabili. La sua visione è quella di un poeta tragico e il mondo è il romanzo tragico dell’umanità.

Il senso della tragicità sta nel Male perchè: “solo dal punto di vista degli esseri umani ci sono divisioni e distinzioni: male e bene, bello e brutto, vero e falso ecc. Perchè essi, immersi come sono nel divenire con progresso e regresso, evoluzione e involuzione, sono in sè divisi e tirati da due parti: da una parte dall’origine divina, attestata dalla principale caratteristica divina che è l’esistenza, dall’altra dalle condizioni di esistenza fin troppo spesso diaboliche … I più grandi esempi di diabolicità sono: 1. terremoti, maremoti, uragani, incendi, eruzioni, alluvioni, carestie, siccità ecc.; 2. la piramide degli esseri costretti a divorarsi tra di loro perchè la vita si nutre solo di se stessa e quelli che stanno sopra, armati di zanne, artigli, veleno, armi da fuoco, mangiano quelli che stanno sotto, tranne eccezioni in contrario; 3. l’autosuperamento incessante della vita, ossia la precarietà e instabilità di ogni vita e la transitorietà di ogni stadio di essa, oltre che la finitezza di essa stessa; 4. il rovescio della medaglia dell’infinita creatività dell’essere e quindi dell’infinita produttività della natura che però poi non ne ha per tutti gli individui generati; 5 infine, il comune destino di vecchiaia, malattia e morte. Non avendo in sè il male, Dio non ha da preoccuparsi del male degli esseri. Il nostro male è dunque decisamente la nostra piccolezza, collegata alla grandezza di Dio, è la nostra posizione periferica nell natura”.

Alla domanda “Perchè l’essere e non il nulla?” nel capitolo dedicato Giametta conclude che: “l’uomo non è così importante da “scuotere le fondamenta del mondo”, come dice il profeta Isaia. Nell’attribuirgli tanta importanza sia pure negativa, siamo sempre nel sistema tolemaico: l’uomo al centro dell’universo, come scopo della creazione e magari come bersaglio di Dio, invece che come creatura finita e problematica, ma concreta e positiva, su di un pianeta tra i tanti che girano intorno a una stella medio-piccola di una galassia tra le più piccole di quelle che, ciascuna con miliardi di stelle, a miliardi di miliardi popolano uno degli infiniti universi.”

Ma qual è la “morale” di tutto questo? “Come ogni organismo, anche la specie (umana e non) è ordinata gerarchicamente, ha sempre, per così dire, un capo e una coda, strati nobili e meno nobili, allo stesso modo che il nostro organismo avrà sempre un cervello e un intestino crasso e perfino una macchina avrà sempre un motore è un tubo di scappamento. Quindi la specie non potrà mai essere livellata; fatta di tutti buoni, tutti onesti, tutti civili, tutti generosi, tutti giusti; avrà sempre, in senso naturale e non (o almeno prima che) social politico, un’aristocrazia e una plebe, un’elite ed una massa, individui intelligenti, onesti, trasparenti e individui initelligenti, disonesti, opachi; santi e benefattori in cima e ladri e assassini in fondo. In tal modo essa, che non è un’unità statica ma mobile e aperta ai due estremi, in alto e in basso, continuerà a svilupparsi coi primi verso l’alto, verso una specie superiore, e coi secondi verso il basso, verso una specie inferiore, nella concatenazione universale della specie …

Da un lato, allora, mentre la morale è sentita come “un’esigenza insopportabile nella vita dell’individuo e della società, dall’altro i tentativi si moltiplicano perchè nessuno di essi riesce a vincere e convincere … Qual è il politico di più alta moralità? Quello che fa il bene del suo paese. E qual è il bene del suo paese? Primeggiare sugli altri Stati con la potenza (gli stati sono detti appunto “potenze”), ossia far trionfare l’interesse (l’egoismo) del proprio paese su quello altrui. Dunque la moralità consiste qui nel fare per la collettività e non per sè ciò che normalmente l’individuo fa per sè. Ma la collettivivtà, lo Stato, è un grande individuo in concorrenza con gli altri grandi individui simili agli individui in carne e ossa. Si riproduce dunque l’homo homini lupus …”

“L’uomo è un divenire abitato dall’essere”. Questa frase mi ha colpito molto quando ho letto le quattro paginette che Giametta dedica all’ “essere” e al “divenire”. Sono andato subito col pensiero a Amleto per il quale la sua indecisione nell’essere ne condizionava il suo divenire. Mi pare che questa precedente umano sia piuttosto drammaticamente diffuso. Gli uomini sembrano non rendersi conto che vivere significa “essere trascinati irresistibilmente e in modo sempre più vorticoso nel fiume in piena del divenire, verso il salto, la cascata finale”. Così scrive Giametta che, però, mi pare, non sappia decidersi tra le due condizioni. Nel capitolo del libro dedicato alla conoscenza dice che “conoscere vuol dire riportare l’ignoto al noto”.

La conoscenza è “l’enigma del mondo, la realtà alla quale sono stati dati diversi nomi: Dio, essere, sostanza, materia, substrato, volontà di vivere, volontà di potenza, economia, libido, ecc. ma nessuno di questi nomi la definisce perchè essa è, nella sua infinità ed eternità, indefinibile e senza nome, una realtà che non si può pensare, eterna e infinita. L’uomo può averne solo una percezione tutta antropomorfica, secondo la sua natura finita e limitata. Tra l’esterno e l’interno della mente umana, tra il pensiero e la realtà non vi è ponte o passaggio ma solo un velo fatto di illusione o allucinazione. Non è possibile rompere o bucare il manto dell’antropomorfismo che avvolge tutta la nostra conoscenza che è solo uno strumento. Di questo Dio non ha bisogno perchè, per Lui, la conoscenza è libera eterna e infinita creazione e coincidenza di tutti gli opposti, quindi anche di conoscente e conosciuto”.

Per questa ragione, quando Giametta affronta il tema della religione, scrive che: “il cristianesimo è l’interiorizzazione dell’uomo”. Lo spazio che il filosofo dedica a questo argomento ha il riflesso di un “selfie” nel senso che l’uomo cerca la verità e Dio in strati sempre più intimi e profondi, giacchè, “per quanto cammini i confini dell’anima non li troverai mai”, come aveva detto Eraclito. Solamente con ciò che si sviluppa nell’uomo, nella sua anima, questo stesso uomo potrà ritrovare conforto e sfogo verso il mondo esterno. Ma a Giametta non sembra piacere molto l’idea di questa interiorizzazione verso un padre previdente, amorevole e misericordioso. La vita rimane travagliata e drammatica, ingiusta e spietata, tragica e crudele, priva di senso, al di là di se stessa. La religione si riduce ad un semplice “selfie” che può aiutare a vivere, come tutte le illusioni.

Il tempo, d’altra parte, sembra rientrare proprio in questa categoria. Ma ne siamo davvero certi? Giametta scrive che secondo la scienza: “il tempo riposa sul passaggio del calore dalle cose più calde alle più fredde, per cui il tempo diventa “tempo termico”. A noi sembra che riposi sopratutto sulla contemporaneità e successione degli avvenimenti di cui appunto il tempo, di per sè inesistente, è una rivelazione, e sulle sensazioni che ci vengono trasmesse dalle cose facenti parte della realtà, come faceva notare Lucrezio. Dunque il tempo è collegato in definitiva con la realtà oggettiva. A ciò si aggiunge il fatto che oggi per i neuroscienziati il tempo è altresì forma dell’oggetto, di quell’oggetto è anche il soggetto, e in questo senso è fisicamente reale, perchè nel nostro cervello ci son meccanismi nervosi che presiedono a questa funzione (non finzione) della vita”.

Conosci te stesso. Questo è il punto centrale sul quale tutto quanto detto e scritto finora poggia. Alla domanda, senza dubbio metafisica, “Chi siamo?” fa eco “Chi sono io?” Ad entrambi non c’è risposta, perchè essendo noi parte del mondo, in definitva: significa: che cos’è il mondo? Ma se non conosciamo noi stessi, che cos’è allora l’Io, col quale ci identifichiamo? L’Io, non isolabile nello spazio e nel tempo, l’Io che tutto conosce e da nessuno è conosciuto”, secondo Schopenhauer, è la continuità della nostra esperienza di noi stessi e delle cose; è la memoria, la coscienza, lo spirito, il custode dell’individuo. Ma non è tutto l’individuo …”

Arrivati a questo punto mi rendo conto che la recensione del libro di Giametta è diventata soltanto la trascrizione del suo pensiero. Non potrebbe essere altrimenti se si considera che questa grande figura di intellettuale, questo “Mago del Sud” è davvero una “magìa” di molteplici talenti: aforista, conferenziere, divulgatore, epistolografo, ermeneuta, filologo, filosofo, freddurista, giornalista, memorialista, moralista, novelliere, oratore, poeta, romanziere, saggista, storico, traduttore.

Un maestro ancora attivo e lucido alla bella età di 93 anni, autore oltre che di questo libro, che ritengo essere “il libro definitivo”, di molti altri tra i quali l’eccentrico e sui generis: “Commento a Umano, troppo Umano, Aforisma per Aforisma”. Recensire una mente tanto proteiforme significa davvero sfidare l’impossibile. Bisogna soltanto leggere i suoi libri, specialmente questo che è davvero la sintesi di tutte le sintesi del sapere e della conoscenza. I temi che seguono sono quelli che qui di seguito leggerete: “la natura, l’omosessualità, evi-avi, essere, sostanza, essenza, il senso della vita, il libero arbitrio, il genio, l’idelismo e il realismo, la filosofia della politica, il nazismo, la vita è sacra?, l’immortalità, Atene e Gerusalemme, Gesù Cristo.” Vi pare poco?

MEDIUM -https://angallo.medium.com/il-libro-definitivo-grandi-problemi-risolti-in-piccoli-spazi-codicillo-dellessenzialismo-57c2077d1cb2
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AntonioGallo | Sep 17, 2022 |

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