Libero Bigiaretti (1905–1993)

Su 25 racconti, la maggior parte non riesce a essere all'altezza del Bigiaretti dei romanzi. Ma 3-4 vi riescono piuttosto bene. Bigiaretti dà il meglio di sé quando riesce a tratteggiare piccoli ritratti di una classe sociale, di una relazione, di un amore.

Storia romana: 1966, un architetto un po' vacuo, una donna molto bella, alcune serate inutili. Lettura estremamente piacevole.

La forma mentis dell'azienda e la disubbidienza di un amore frugale (o forse no); il tradimento degli ideali giovanili e l'acquisizione della maturità. Tutto questo a definire un ritratto tutto italiano, profondamente legato agli anni da cui emerge (1963) e ovviamente alla militanza di Bigiaretti in Olivetti. Molto bello.

Non il miglior Bigiaretti, a mio avviso, questo del 1968. L'affresco di un universo maschile borghese, privilegiato, viziato e confortato dal boom è già stato realizzato - meglio - da altri. Narrativamente, il racconto raggiunge il suo climax con un "colpo di scena" a dire il vero sorprendente, ma che fa "sgonfiare" in un battibaleno tutto il coinvolgimento del lettore. Peccato.