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Ladataan... Norwegian Wood (alkuperäinen julkaisuvuosi 1987; vuoden 2011 painos)Tekijä: Haruki Murakami (Tekijä)
TeostiedotNorwegian Wood (tekijä: Haruki Murakami) (1987)
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This is my first reading of an Haruki Murakami book. I took it off the bookshelf because I was going to Kyoto, his birthplace, thinking it might give me some insight into what it was to be Japanese. I'm not sure if has but some of the details probably make more sense now that I've been there. Speaking of details, it took me half the book to get used to (and enjoy) the minute levels of quotidian detail. But all the seeming irrelevant observation and inconsequential dialogue work towards a very leisurely pace and give plenty of space for nuanced reflection. The narrative is presented as a reflective exercise in memory prompted by hearing the Beatles eponymous song Norwegian Wood, I once had a girl, or should I say, she once had me.... There a many musical references. I see (in Goodreads) that there are many female readers who object to his portrayal of women and for this reason object to the book. In some respects (by today's standards) they have a point, but the narrative is set in 1969, and it's entirely appropriate that such a directionless, flâneur-like, character as Watanabe speaks and thinks the way he does. I was interested to see if there would be deus ex machina as Murakami laid the ground for it, but in the end there wasn't one. This is a gentle book about love and loss and while at first I gave it 3 stars, on closing I've given it 4 because it kept me engaged to the end. I was familiar with and love the quote from this book: "If you only read the books that everyone else is reading, you can only think what everyone else is thinking." So I already knew Haruki Murakami could turn a phrase. I felt some resistance to Toru Watanabe's story in the early chapters of the book, but once I was caught in the web of the story of these many damaged people in his life, and his relative stoicism, his growth through confronting loss and grief, I was completely invested. Murakami is a masterful writer, creator of multiple complex and dimensional characters, and that quote above was only one of several I made note of. But I was also struck by how he used time travel -- not the supernatural kind, but simply having access to the narrator's thoughts or activities at different times in his life as a way to weave the pieces of the story tighter toward its resolution. First five star review I have given in a while. Per certi versi, Norwegian Wood è il solito romanzo di formazione: abbiamo un protagonista, Tōru, sull’orlo dell’età adulta senza sapere bene cosa farà da grande (che, anzi, si fa trascinare dalla vita, più subendola che vivendola) e una manciata di altri personaggi abbastanza tipici del genere, dalla ragazza smaliziata e “alternativa” all’amico che, beato lui, ha già una strada da seguire. La particolarità di Norwegian Wood sta nella malinconia e nella tristezza della constatazione che l’adolescenza sia un’età alla quale non tuttə sopravvivono, e spesso non ne sappiamo neanche il perché. Mi è piaciuto molto l’equilibrio con il quale Murakami ha affrontato l’argomento: è vero che chi è arriva all’età adulta ha avuto più forza, più coraggio e anche più fortuna, ma non c’è condanna o disprezzo per chi invece si è arresə. Solo tristezza, per la vita sprecata, per i legami recisi, per chi rimane e deve andare avanti con più solitudine da portarsi dentro. È un ambito dove è facile scivolare nei sentimentalismi, ma Murakami se ne tiene ben lontano, limitandosi a raccontare una storia di crescita, con tutti quei momenti nei quali la vita sembra così spaventosa da lasciare senza fiato e desiderosə di fermarsi, di avere una pausa, una tregua. Se avete intenzione di leggerlo, tenete presente che è un classico romanzo di formazione e che, anche se magari non è il capolavoro esaltato da moltə, si legge volentieri e con interesse. In definitiva, sono molto contenta che sia stato il libro di novembre di LiberTiAmo, altrimenti chissà quando mi sarei decisa a leggerlo!
Menschen wie Toru Watanabe trifft man in allen Büchern von Haruki Murakami. Es sind Singles, die in ihren Apartments sitzen und sich alte Filme anschauen, die Miles Davis hören und Scotch dazu trinken. Das Schicksal hat Spuren in ihnen hinterlassen, so wie in Toru Watanabe, der mit Naoko die einzige wirkliche Liebe seines Lebens verloren hat. Aber diese Spuren sind wie Kratzer auf einer Schallplatte. Sie kehren regelmäßig wieder und jedes Mal wieder erschrickt man - auch wenn sich bereits nicht mehr so genau erinnern kann, bei welcher Gelegenheit man die Nadel einmal zu unvorsichtig aufgesetzt hat. Kuuluu näihin kustantajien sarjoihinSisältää nämä:Norwegian Wood, Part 1 (tekijä: Haruki Murakami) Norwegian Wood, Part 2 (tekijä: Haruki Murakami) Mukaelmia:Norwegian Wood [2010 film] (tekijä: Anh Hung Tran)
Norwegian Wood, The Beatles. Aina kuullessaan lempikappaleensa Toru Watanabe muistaa ensirakkautensa, parhaan yst©Þv©Þns©Þ Kizukin tytt©œyst©Þv©Þn. Kirjastojen kuvailuja ei löytynyt. |
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Beata gioventù dunque, se non fosse che, nel procedere con la lettura, quell’immagine sognante, romantica, sfumata ad acquerello su morbida carta di seta, è dilaniata dal ritratto di una generazione, poco più che adolescente, in cui sesso e rock’n’roll sembrano farla da padroni, aspirando a pieni polmoni dall’aria dei dormitori universitari impregnata di ferormoni e sudore. Una cortina che fatica però a nascondere un profondo disagio ed una certa fragilità generazionale, evidenti nella scia di depressioni e di suicidi che non lasciano indifferenti. Essi, infatti, ci fanno riflettere su come, nel passaggio dall’adolescenza alla vita adulta, a qualsiasi latitudine o longitudine ci si trovi, gli opposti si toccano e può essere tanto più difficile coglierne i confini, quanto spostarsi da una parte all’altra. E tutto ciò non si comprenderebbe così bene se, tra le parole di questo libro, non emergessero, così come invece accade, i sentimenti veri e profondi dei personaggi di Murakami, le loro insicurezze, le aspirazioni e quella spasmodica ricerca d’amore, forse non ancora maturo al punto d’esser colto, ma certamente così vasto e profondo da potercisi perdere. Si percepisce, sovente, lo smarrimento giovanile, la difficoltà di decifrare e quindi d’esprimere la propria interiorità: “non posso mai dire quello che voglio dire” e “tutto quello che ottengo sono le parole sbagliate”.
Per Haruki Murakami, che qui scrive in prima persona, questo è il quinto libro. La sua voce narrante è quella di Toru Watanabe, ma non quella del trentasettenne che su un volo aereo rievoca con il pensiero il suo passato sulle note di “Norwegian Wood” dei Beatles, ma di quel Toru che giace tra i ricordi, del ragazzo, dello studente universitario (diremmo oggi fuori sede) nella grande Tokyo. Siamo in un Giappone tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio del decennio successivo, nel pieno della sessantotto del Sol Levante e della contestazione universitaria (poco raccontata in occidente). Tutto incomincia con un grande amore, quasi impossibile, per via che la delicata e fragile Naoko è la fidanzata del suo migliore, forse unico vero amico Kizuki (e anche questo in fondo è un amore) che, morto suicida, lascia un vuoto profondo, ma sarebbe meglio dire una sospensione apneica.
“I once had a girl. Or should I say she once had me” recita la prima strofa di Norwegian Wood dei quattro “scarafaggi” di Liverpool e in fondo quel “Una volta avevo una ragazza. O dovrei dire, lei una volta aveva me" è la sintesi perfetta di questo romanzo che, nella scrittura a tratti onirica, a volte cruda, a sprazzi soffusamente erotica di questo scrittore, in effetti scalda il cuore. Non è però una tisana zuccherina il cui gusto subito ci conquista. Ad ogni sorso si percepiscono sfumature differenti, note più amare, altre più aspre, esplosioni di dolcezza. Serve un minimo di tempo per cogliere il retrogusto che ci appaga. Perché qui parliamo della vita e pure della morte e tra le due c’è un complesso pentagramma di note esistenziali che producono melodie fantastiche, ma talvolta dissonanti.
Nel raccontare l’esperienza giovanile di Toru Watanabe, di Naoko e Kizuki, ma anche di un’altra anima femminile, Midori, che s’insinua nella mente e nel cuore del giovane universitario, Murakami ci affascina con una narrazione tutta orientale nel rapporto tra anima e stagioni del tempo e della vita, ma travalicandone i confini culturali e mostrandoci un Giappone in cui a girare sono i dischi jazz di Bill Evans e Miles Davis, dove tra le letture di culto spiccano i libri di Thomas Mann e dei contemporanei americani, dove si suona la chitarra ricreando atmosfere da figli dei fiori e canticchiando i Beatles e i Doors, dove pare d’essere in un grande immenso Starbuck con l’odore del caffè che si mescola a quello dei mozziconi di sigaretta, lattine di birra ed alcol.
Ed è forse per questo motivo che il libro è piaciuto ad entrambi gli estremi della rosa dei venti, non solo in quella che è considerata la “superba” traduzione di Jay Rubin (prima edizione inglese autorizzata per la pubblicazione fuori dell'arcipelago nipponico), ma anche in quella più rara di Alfred Birnbaum, a suo tempo data alle stampe per gli studenti giapponesi di inglese. Ma a noi, poco importa in fondo, visto che lo leggiamo nella bella traduzione in italiano di Giorgio Amitrano, professore di Letteratura giapponese presso l'Università di Napoli “Orientale”. Ha tradotto numerosi autori giapponesi tra cui Kawabata Yasunari, Mishima Yukio, Inoue Yasushi, Yoshimoto Banana (va detto per dovere di cronaca che altri libri di Murakami sono tradotti in italiano da Antonietta Pastore).
C’è nel ricordo giovanile di un Watanabe ormai adulto una sorta di nostalgia di quegli anni di giovinezza che oggi paiono lontani anni luce e rappresentano la libertà perduta con la maturità, ma c’è anche l’ostinata volontà di preservare, in quel ricordo che pare tutt’altro che sbiadito dal tempo, un dolore, quello della perdita, che qui è intimamente abbracciato ad un sentimento forte come l’amore che il racconto rinnova con disperata ostinazione. Trovo un po’ retrò la metafora, a più riprese fatta da altri recensori, dell’inverno come simbolo della morte, quella che aleggia intorno a Watanabe e Naoko che passeggiano, uno accanto all’altro, come fantasmi del passato, tra i boschi innevati. "La morte non è l'opposto della vita, ma una parte di essa" è scritto nel libro. Credo quindi che nel fluire delle stagioni, della natura, così come della vita, di cui Murakami ci fa partecipi, luce e buio, vita e morte si scambino di ruolo in un processo ineluttabile e che, proprio per questo, la vita stessa vada assaporata, vissuta. Quella stessa esistenza che a Toru Watanabe offre la possibilità, nella sospensione surreale del suo rapporto quasi platonico con la morte (Naoko/Kizuki), di scegliere di esistere in una vita reale che gli offre l'amore della irrefrenabile Midori Kobayashi. Arrivati all’ultima pagina di Norwegian Wood potremo però solo supporre la strada scelta dal giovane Watanabi, se l'amore o la continuazione nel dolore, quello che invece è certo è il messaggio contenuto tra le pagine: “i morti saranno sempre morti, ma noi dobbiamo continuare a vivere”.
E’ un libro che emoziona? Certamente sì. E lo fa con una serenità che sorprende. Lo fa con una trama che all’apparenza è di una semplicità disarmante, ma che nasconde una complessità emotiva non comune. Non ci sono colpi di scena improvvisi e imprevedibili, non ci sono buoni o cattivi, nemmeno antipatici e tantomeno eroi. Ma c’è la vita che scorre e i giorni che passano, c’è l’attesa, ci sono le pause, il lavoro, il sesso, lo studio. C’è tanta, tantissima anima in un romanzo che qualcuno vuole etichettare “di formazione”, ma che io preferisco definire un prezioso richiamo al valore della vita. ( )