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Un romanzo ispirato alla vita di Flavio Mitridate, maestro di Cabala di Pico della Mirandola. Nato insignificante ebreo in Sicilia, diventato monaco potentissimo a Roma e riciclatosi come umanista a Perugia, è una figura ambigua e con un'esistenza fuori dal comune, in apparenza ottimo materiale letterario: eppure nonostante questo il libro non ha nessun fascino per il lettore. In primis perchè i lati oscuri della vicenda sono troppi e quindi il tono resta vago, non sufficientemente rigoroso per essere una biografia ma non avvincente quanto un'opera di fantasia; in secondo luogo il protagonista è un uomo freddo e calcolatore, con cui sarà impossibile empatizzare e privo del carisma per lasciare il segno. E' il libro stesso a mancare di carisma, infatti dopo una prima parte abbastanza interessante scivola decisamente verso la mediocrità di trama e di stile. Ricapitolando: classico esempio di romanzo innocuo ma destinato a finire nel dimenticatoio. Da Camilleri mi aspettavo di più. ( )
Der Titel ist Programm, denn das Buch lässt mich ratlos zurück. Die Titelfigur bleibt ein unsympathischer Schatten, mit dem ich mich eigentlich nicht beschäftigen wollte. Mir wird bei der Lektüre auch nicht klar, worin die Brillianz dieses Mannes bestanden haben soll. ( )
La biografia di un oscuro personaggio. Mantenere l'equilibrio in un mondo complesso.
Una vita in cui notevoli potenzialità vengono frustrate da un contesto difficile che spinge il personaggio a creare ulteriori complicazioni in un costante oscillare per mantenere un precario equilirio fino a un finale tragico e avvolto di mistero.
C'è in questa storia qualcosa che ricorda Lise a Adelmo di Carlotto. ( )
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Dal grande tavolo al centro dello stanzone, tavolo di legno nero e massiccio ma oramai quasi avvallato al centro per il peso di enormi libri dalle rilegature unte e sfasciate per il troppo uso e di grandi candelabri dalle molteplici braccia, Nissim prende e solleva in alto con un gesto quasi ieratico un’elegante, piccola ampolla piena di un torbido liquido giallastro, tappata con un pezzetto di pala di ficodindia, e poi la depone con cautela tra le mani a coppa di suo figlio Samuel.
Sitaatit
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In principio non è stato il Verbo, ma sono stati il Verbo e il Numero. Da lì, le cose, e la ragione delle cose, e la conseguenza delle cose, sono tutte già scritte ma tutte da decifrare.
Come può un pezzettino di panno colorato segnare veramente un differenza? La vera differenza tra un uomo e un altro uomo semmai risiede nelle loro teste, nei loro pensieri, e non nelle insegne, nelle bandiere, nelle divise, nelle rotelle di panno. Queste sono tutte cose che si possono cangiare a seconda delle occasioni, delle circostanze. Più difficile deviare il corso dei pensieri di un uomo, ma anche quello si può fare.
Far scomparire le tracce. Sempre. Glielo ha insegnato la persecuzione del suo popolo. E non solo le orme dei passi.
In un popolo costretto all'ossessiva conservazione della memoria di sé per trovare le ragioni dell'essere nell'essere stati, si perpetua perfino il ricordo e la data di un temporale eccezionale o della nascita di sei gemelli.
Per lui personalmente il battesimo sarebbe una fine e un principio, una morte e una resurrezione. La possibilità di diventare l'altro da sé, seppellendo il sé che è stato. La scomparsa del bruco e la sua trasfigurazione in farfalla.
Mentre slega i sacchetti, Samuel non può fare a meno di notare come stia agendo con una freddezza che non credeva di possedere. Ancora non ha finito di conoscere se stesso.
Sono essenzialmente uno che s'inventa e racconta storie, un contastorie, o se lo preferite, un romanziere. Perciò mi sono subito detto che rifare lo stesso percorso di ricerca storica di coloro che m'avevano preceduto, certamente più esperti di me, non mi avrebbe fatto fare un passo avanti nel venire in chiaro intorno al vero esser di quest'uomo. [...] Non mi restava dunque altro mezzo d'inseguimento e di ricerca che il mio mestiere. Affrontare cioè il segreto di un così complesso e sfuggente personaggio con le armi della narrazione. Come se fosse non realmente esistito, ma come un'invenzione interamente partorita da me. E del resto invenzione non viene da invenire, che in latino significa riscoprire, ritrovare?
Io non so se capiti lo stesso ad altri romanzieri, ma a me assai spesso succede che un mio personaggio, all'inizio appena disegnato con tratti incerti e malfermi, nel corso della scrittura e direi anzi in virtù di essa, vada acquistando contorni sempre più decisi quasi che mi fossero suggeriti da esso stesso e, procedendo nel prender consistenza, mi si vadano chiarendo le motivazioni profonde di alcuni suoi atti. Certo, al confronto del lavoro dello storico il mio per forza di cose potrà essere tacciato d'arbitrarietà ma non d'implausibilità. Non sarà vero, ma verosimile. Comunque sia, «un falso» potrà ribattermi lo storico. In tal caso, mi farei dare autorevole mano da Calvino quando scrive che la letteratura trova il suo potere e la sua verità nella mistificazione, e quindi «un falso, in quanto misitificazione d'una mistificazione equivale a una verità alla seconda potenza».
Viimeiset sanat
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