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Ladataan... Il sergente nella neve: ricordi della ritirata di Russia (alkuperäinen julkaisuvuosi 1953; vuoden 1972 painos)Tekijä: Mario Rigoni Stern
TeostiedotThe Sergeant in the Snow (tekijä: Mario Rigoni Stern (Author)) (1953)
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Kirjaudu LibraryThingiin nähdäksesi, pidätkö tästä kirjasta vai et. Ei tämänhetkisiä Keskustelu-viestiketjuja tästä kirjasta. Durante la segunda guerra mundial, Mario Rigoni Stern combatió con el ejército italiano en Francia, Albania, Yugoslavia y durante dos inviernos en Rusia. Acabó prisionero de los alemanes en distintos campos de concentración, donde trabajó en las minas de hierro y carbón y allí mismo, en 1944, empezó a escribir, en circunstancias tan precarias, sus recuerdos de la retirada rusa. La ritirata di Russia raccontata da chi ha avuto la sfortuna di trovarcisi in mezzo. Raramente mi è capitato di leggere memorie così intense, in ogni pagina si percepisce che il cuore del protagonista è ancora lì, in quel deserto bianco da cui molti compagni non hanno fatto ritorno; eppure lo stile è asciutto, privo di qualunque enfasi retorica: Rigoni non vuole stupire o commuovere ma solo condividere la sua esperienza e farsi testimone di una pagina di storia italiana che forse si preferirebbe dimenticare. Aldilà della carica emotiva questo libro è importante anche come documento storico, perchè illustra con una chiarezza che nessun manuale potrebbe mai possedere le condizioni disastrose in cui versava l'esercito italiano: disarmati, affamati, con le scarpe ridotte a brandelli e costretti a ripiegare per chilometri e chilometri, incalzati dalle truppe sovietiche ma soprattutto dall'inverno, che in Russia non perdona. Per me che capisco poco (e mi interesso ancora meno) di faccende belliche ogni tanto è stato dfficile orientarmi nel gergo militaresco, ed è stato anche più arduo tenere traccia di tutti i personaggi (a volte venivano introdotti con un paio di frasi e poi ripescati pagine e pagine dopo come se niente fosse), per cui ogni tanto mi sono sentita un po' spaesata; ma aldilà di questi piccoli difetti, penso sia un' opera fondamentale per conoscere meglio il nostro paese e che dovrebbe essere studiata nelle scuole. Ho potuto leggere questo libro, lasciatomi in eredità da mio padre, per cui per me, emotivamente, ha un valore enorme. Ma non solo perché mio padre lo avrà letto non so quanto volte ma perché mio padre ha in prima persona vissuto la ritirata in Russia, anche se in un’altra divisione. Ebbe la fortuna di poter torna "a baita" anche se con tre dita dei piedi congelate. Ho letto qui sotto commenti stupendi, per cui non aggiungo altro, vi trascrivo solo un tratto, secondo me il più significativo, che racchiude il senso e l'insegnamento che questo libro vuole darci, che non è solo una testimonianza, un resoconto di guerra ma molto più, ben sì un libro stracolmo di umanità. “Vi sono dei soldati russi, là. Dei prigionieri? No. Sono armati. Con la stella rossa sul berretto! Io ho in mano il fucile. Li guardo impietrito. Essi stanno mangiando attorno alla tavola. Prendono il cibo con il cucchiaio di legno da una zuppiera comune. E mi guardano con i cucchiai sospesi a mezz’aria. – Mniè khocetsia iestj, – dico. Vi sono anche delle donne. Una prende un piatto, lo riempie di latte e miglio, con un mestolo, dalla zuppiera di tutti, e me lo porge. Io faccio un passo avanti, mi metto il fucile in spalla e mangio. Il tempo non esiste più. I soldati russi mi guardano. Le donne mi guardano. I bambini mi guardano. Nessuno fiata. C’è solo il rumore del mio cucchiaio nel piatto. E d’ogni mia boccata. – Spaziba, – dico quando ho finito. E la donna prende dalle mie mani il piatto vuoto. – Pasausta, – mi risponde con semplicità. I soldati russi mi guardano uscire senza che si siano mossi. Nel vano dell’ingresso vi sono delle arnie. La donna che mi ha dato la minestra, è venuta con me come per aprirmi la porta e io le chiedo a gesti di darmi un favo di miele per i miei compagni. La donna mi dà il favo e io esco. Così è successo questo fatto. Ora non lo trovo affatto strano, a pensarvi, ma naturale di quella naturalezza che una volta dev’esserci stata tra gli uomini. Dopo la prima sorpresa tutti i miei gesti furono naturali, non sentivo nessun timore, né alcun desiderio di difendermi o di offendere. Era una cosa molto semplice. Anche i russi erano come me, lo sentivo. In quell’isba si era creata tra me e i soldati russi, e le donne e i bambini un’armonia che non era un armistizio. Era qualcosa di molto più del rispetto che gli animali della foresta hanno l’uno per l’altro. Una volta tanto le circostanze avevano portato degli uomini a saper restare uomini. Chissà dove saranno ora quei soldati, quelle donne, quei bambini. Io spero che la guerra li abbia risparmiati tutti. Finché saremo vivi ci ricorderemo, tutti quanti eravamo, come ci siamo comportati I bambini specialmente. Se questo è successo una volta potrà tornare a succedere. Potrà succedere, voglio dire, a innumerevoli altri uomini e diventare un costume, un modo di vivere.” ei arvosteluja | lisää arvostelu
Mario Rigoni Stern was barely twenty-one and already a battle veteran at the time of the World War II disaster he describes in The Sergeant in the Snow. In July 1942 three divisions of Italian Alpini troops, specially trained for winter warfare, began retreating--entirely on foot, with no supplies, at temperatures of 30-40 degrees below zero. By the end of the march, 90,000 men were missing or dead and 45,000 frostbitten and wounded. Kirjastojen kuvailuja ei löytynyt. |
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IL SERGENTE NELLA NEVE (**** )
Sergentmagiu’, ghe rivarem a baita? (12)
Diavolo! Piantiamo qui tutto, ci sono tante belle ragazze e vino buono, no, Baroni? Loro hanno le Katiusce e le Maruske e la vodka e campi di girasole; e noi le Marie e le Terese, vino e boschi d’abeti. (34)
Ma quando finisce? Alpi, Albania, Russia. Quanti chilometri? Quanta neve? Quanto sonno? Quanta sete? E’ stato sempre cosi’? Sara’ sempre cosi’? Chiudevo gli occhi e camminavo. Un passo. Ancora un passo. (47)
Ma da un carro russo che bruciava parti’ una raffica di arma automatica in direzione dei tedeschi e questi si sparpagliarono subito come uno stormo di uccelli. Due salirono sul loro carro e tirarono un colpo di cannone al carro russo e questo, colpito nella riserva delle munizionI, salto’ in aria come si vede qualche volta al cinematografo. (91)
Cammina, cammina, ogni passo che facciamo e’ uno di meno che dovremo fare per arrivare a baita. (101)
E tanti e tanti altri dormono nei campi di grano e di papaveri e tra le erbe fiorite della steppa assieme ai vecchi delle leggende di Gogol e di Gorky. E quei pochi che siamo rimasti dove siamo ora? (116)
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