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Pier Vittorio Tondelli (1955–1991)

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The Quality of Light: Modern Italian Short Stories (1993) — Avustaja — 13 kappaletta

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Yleistieto

Syntymäaika
1955-09-14
Kuolinaika
1991-12-16
Hautapaikka
Canolo, Correggio, Italy
Sukupuoli
male
Kansalaisuus
Italy
Syntymäpaikka
Correggio, Italy
Kuolinpaikka
Reggio Emilia, Italy
Koulutus
Università di Bologna (Italy)
Ammatit
writer

Jäseniä

Kirja-arvosteluja

Lo ammetto: gioco in casa. O meglio gioco in quella che per quasi quarant’anni è stata casa mia: Reggio Emilia e la sua nebbiosa provincia. Quella realtà geografica periferica che, nelle parole di un giovane Pier Vittorio Tondelli, risuona come una latitudine claustrofobica. Per me, che nel 1980 ero da poco maggiorenne, ”Altri libertini” (Feltrinelli, I narratori, 1980) scritto da chi allora di anni ne aveva solo ventiquattro, fa parte del gruppo dei libri proibiti. E, a dirla tutta, la terza edizione pronta in diecimila copie fresche di stampa, dopo il successo immediato delle prime due (4.000 copie la prima esauritasi quasi subito e 3.000 la seconda praticamente evaporata dagli scaffali), fu censurata dal sequestro stabilito dal procuratore generale dell’Aquila Donato Massimo Bartolomei, con l’accusa di volgarità e turpiloquio. Non male per un esordio letterario di un giovanissimo autore nato nel piccolo paese di Correggio. Scrittore in erba cui Feltrinelli aveva già respinto un suo primo lavoro mai dato alle stampe, forse troppo contaminato dalla tesi di laurea sul romanzo epistolare settecentesco con cui Tondelli si era laureato al DAMS dell'Università di Bologna.

Trovo giusto anticiparlo: alcuni passaggi, in modo particolare nel linguaggio che Tondelli usa, che fedelmente riprende da una gergalità degradata, quella dei “tossici” che bazzicavano al Postoristoro della stazione ferroviaria di Reggio, potrebbero essere addirittura blasfemi per chi è particolarmente sensibile. Va anche detto però, che la modalità con cui i suoi personaggi imprecano, nella scrittura riproduce un suono, piuttosto che le parole nella loro versione integrale, tanto che nel processo svoltosi nel 1981, Tondelli fu assolto con formula piena e il volume ritornò in circolazione, certamente anche grazie a quell'accurato lavoro di riscrittura che precedette la pubblicazione guidato da un abile Aldo Tagliaferri. A posteriori trovo anche giusto ricordare che l’autore, che muore nell’inverno del 1991, matura l’intenzione di “purificare” il testo autocensurandolo dalle parole che avevano fatto scandalo. Accade così che in commercio si trovi l’edizione edita da Bompiani in versione “purificata” (nell’edizione complessiva delle Opere curata da Fulvio Panzieri, 2000) e quella pubblicata da Feltrinelli in versione originale, con tanto di sonorità blasfeme e parolacce.

Non si può parlare di un romanzo vero e proprio, perché di fatto non lo è. Potremmo paragonarlo ad un film a episodi (Panzeri lo definì "a scenari", riprendendone la definizione data dall'autore), poiché Tondelli ne mette sei in questo suo “diario del Settantasette” (Postoristoro, Mimi e sistrioni, Viaggio, Senso contrario, Altri libertini, Authobahn), una sorta di strappo nella tela ancora fragile della società italiana nella quale, nel passaggio tra adolescenza ed età adulta, la miglior gioventù doveva affrontare un’iniziazione ancora permeata dell’eco di una contestazione giovanile mai sopita, alla ricerca di una nuova sessualità, più libera dai pregiudizi di una morale logora, archetipo del passato, di un nuovo modo di comunicare fatto di linguaggi alternativi o di radio libere, a mezza via tra il sogno beat di “On the road” di Kerouac e la noia della provincia statica e anestetizzata. Il tutto con il richiamo subdolo della “siringa” in quella che potremmo definire la stagione dell’eroina, panacea di tutti i mali e via di fuga da una realtà difficile da accettare. Quella appunto in cui la miglior gioventù rischia di diventare la più emarginata, quella che in qualche modo Tondelli censisce tra eroinomani, balordi, spacciatori e “checche”. Ma anche quella in cui la speranza di una diversa società o l’idea di averla comunque immaginata non muore mai.

Il circo di Tondelli va così in scena facendo muovere sulla pista, come ha scritto Daniela Brogi (Sette parole per altri libertini), "un’umanità ventenne promiscua e polimorfa: come la Giusy, un drogato, e i suoi compagni tossici tra cui Bibo; o le Splash, quattro amiche , tra cui Benny, un travestito; o un ragazzo gay che in prima persona racconta quattro anni della sua vita, passata tra le prime storie importanti e gli spostamenti vari tra Bologna, Milano, Parigi, Bruxelles, Londra, fino al Postoristoro, a Reggio Emilia, dopo essere stato licenziato perché omosessuale".

Lo scenario in cui si muovono i personaggi di Tondelli, non va dimenticato, è Reggio Emilia, una terra concimata a sudore e politica, con la falce e il martello al posto dell’aratro a fendere le zolle, “Bella ciao” come canto corale ufficiale nelle gite scolastiche, l’Unità da leggere al bar la mattina con le chizze e l’erbazzone e con tanto di feste “comuniste” a rallegrar l’estate mescolando musica e comizi. Tutto ciò in quella stagione in odor di rivolta, con la strategia della tensione al culmine che spinse i politologi a coniare il termine “anni di piombo”. A Bologna la stazione ferroviaria è sventrata dalla bomba neofascista, ma è già iniziata la discesa verso cosa ancora non è possibile dirlo e di questa incertezza l’autore di “Altri libertini” si fa portavoce. Lo fa in modo così sincero e per certi versi lacerante, così crudo nel caratterizzare i personaggi e l’alternarsi tra idealismo e cinismo della peggior specie, che la tentazione di molti di assegnare al libro un’etichetta è stata ineludibile. Vale, a titolo di esempio, quanto ebbe a scrivere nel 1980 sulle pagine de “L’Espresso” Massimo D’Alema, allora Segretario generale dei Giovani Comunisti che lo classificò come un libro “politico” in quanto “l’esperienza giovanile che racconta svela una mancanza di politica, o se si preferisce, di crisi della politica”. Difficile non definire politico qualcosa nella stagione in cui le Brigate Rosse uccidono Aldo Moro, i comunisti non riescono a vincere le elezioni e la parola “stragismo” entra come neologismo nel comune parlare.

Quello che però, della lettura dei sei episodi, mi ha più colpito, è la ricerca di una nuova strada per fare politica, in discontinuità con quello che era il panorama partitico dell’epoca. Una storia che, in verità, negli anni a seguire si è replicata più di una volta e in qualche modo, in un’Italia che dalla liberazione dell’etere (sottolineata da Tondelli) è passata dalle televisioni di stampo berlusconiano, in un Paese che ha transitato oltre la Prima Repubblica e si è ritrovato a dover gestire populisti o indipendentisti d’ogni sorta, rende ancora oggi questo libro ben comprensibile anche ai più giovani, solido abbastanza per navigare sull’onda della grande rete e dei social che saturano ogni poro dell’odierna comunicazione.

Nel primo racconto che da inizio al libro, Postoristoro, è la droga, con lo squallido scenario di una stazione dei treni, ad offrire una prospettiva di degrado sociale e psicologico in cui personaggi a mezza via tra esseri umani e fantasmi risucchiati dall’oblio, passano le loro giornate, quasi in attesa di una fine che non arriva, un’esistenza da purgatorio in terra perpetuata dal rituale della dose. “Storie di sbronze maciullate e violenze e pestaggi e paranoie durate giorni interi senza mangiare senza pisciare”.

A seguire arriva Mimi e istrioni, un accenno di “on the road” padano in una fuga dalla realtà che dalla piana ribollente di noia s’aggrappa ai colli matildici e si sposta in un giro dell’oca dove le caselle sono birrerie e dove i pellegrini sono lo sbandato, barcollante, quartetto delle “Splash”. “Ci svacchiamo su quelle botti per un altro mese finché non viene la buona stagione per tornare in collina, sopra Reggio, in quei ristorantini ammodernati che dominano la pianura e da cui anche la nostra città persa là in fondo tra le volute di vapore e le luci sembra pressoché bella e vivibile”

Viaggio entra in quella visione un po’ beat alla Kerouac, dove il viaggio è certamente fisico, ma esistenziale in tutto e per tutto. Dove viaggiare significa spogliarsi, mettersi a nudo, respirare quell’aria cosmopolita che manca nella asfittica provincia. Girovagare, bighellonare, arrangiarsi, fumare e farsi, ubriacarsi, ridere e piangere. In una Amsterdam priva di inibizioni in cui scoprirsi omossessuale non fa scandalo ed è il gioco dei sensi a dettare le regole: “Gigi che dice che sono proprio un finocchio nato e sputato e io gli dico di sì, che la mia voglia di stare con la gente è davvero voglia e che non ci posso fare un cazzo se mi tira con tutti”.

Non è mia intenzione andare oltre, smontare ogni singolo episodio per guardarci dentro. Preferisco sia chi prenderà in mano questo libro ad insinuarsi nelle storie raccontate da Tondelli che ci regala la visione di un’Emilia paranoica, quella cantata anni dopo dai CCCP di Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti. Quella in cui, come ebbe a scrivere Enrico Palandri nel suo “Pier. Tondelli e la generazione” (2005), i personaggi vivono una costante necessità di fuga, “c’è sempre qualcuno che li bracca (…). Qualcosa che costringe a nascondersi e alla fine a fuggire”.
… (lisätietoja)
 
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Sagitta61 | 3 muuta kirja-arvostelua | Sep 8, 2023 |
Romanzo "americano", in cui Tondelli intreccia storie e punti di vista (la prima e la terza persona) trasformando Rimini in intreccio di intrighi e vicende che, in genere, non finiscono bene. È la trama che guida, sfociando nel poliziesco, creando un'atmosfera marlowiana un po' da Lungo Addio cinematografico (versione Altman con Gould s'intende).
 
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d.v. | 2 muuta kirja-arvostelua | May 16, 2023 |
Meno rivoluzionario, forse, di Altri Libertini, Pao Pao è un caleidoscopio di personaggi ed emozioni, un romanzo sull'amore, sulla gioventù e, incidentalmente, su una cosa che non esiste più e che ha costituto un rito di passaggio per i giovani (maschi) italiani per tanti anni. Il servizio militare raccontato da Tondelli è luogo di incontro fra tipi umani e dialetti, mediato da droghe leggere e amori omosessuali più o meno platonici.
 
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d.v. | 1 muu arvostelu | May 16, 2023 |
Al di là dello scandalo denunciato nel 1980, evidentemente quello di buchi, busone e bestemmie, ciò che rende questo libro importante e ancora oggi attuale è lo scarto linguistico che compie (in senso non semplicemente giovanilistico) e la sua grande forza narrativa, per la - seppur confusa e casuale - istanza di vita che trasmette rispetto alla generazione di chi aveva vent'anni alla fine degli anni '70. Ogni racconto ha i suoi pregi, su tutti spiccano soprattutto il primo (Postoristoro, che non manca di affinità con il film Amore Tossico di Caligari) e soprattutto, per respiro e compiutezza, il terzo - e più lungo - In Viaggio.… (lisätietoja)
 
Merkitty asiattomaksi
d.v. | 3 muuta kirja-arvostelua | May 16, 2023 |

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