Kirjailijakuva

Philippe Muray (1945–2006)

Teoksen L'Empire du bien tekijä

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Sarjat

Tekijän teokset

L'Empire du bien (2019) 36 kappaletta
Festivus Festivus (2005) 28 kappaletta
Après l'Histoire (1999) 24 kappaletta
Essais (2010) 22 kappaletta
Céline (1981) 17 kappaletta
Désaccord parfait (2000) 15 kappaletta
Exorcismes spirituels, tome 3 (2002) 12 kappaletta
Chers djihadistes... (2002) 12 kappaletta
On ferme (1997) 8 kappaletta
Roues carrées (2006) 8 kappaletta
Le Portatif (2006) 6 kappaletta

Associated Works

Le Débat, numéro 110, mai-août 2000: 20 ans (2000) — Avustaja — 3 kappaletta

Merkitty avainsanalla

Yleistieto

Syntymäaika
1945-06-10
Kuolinaika
2006-03-02
Kansalaisuus
France
Ammatit
essayist
novelist

Jäseniä

Kirja-arvosteluja

"Questo è il Bene, è la vecchiaia del mondo, la terza età sempiterna del nostro pianeta. Il tramonto del maligno è la grande incognita del nostro tempo. Cosa si nasconde sotto questo strato di vernice, sotto il cerone, sotto questa coltre di candida purezza, dietro le litoti zuccherose, sotto questa glassa di innocenza sciroppata? Sotto questa lisciva senza fosfati? La risposta non è immediata.
Nell'assenso generale il Bene prende il posto del Male, certo, ma solo a patto che si continui a dire e ridire che mai il Male è stato tanto minaccioso, spaventoso, paralizzante; e che tutto ciò sia filmato, provato, documentato, repertoriato, in diretta, in differita. Credere nell'esistenza del Male è la condizione di sopravvivenza della società stessa e delle sue infinite performance filantropiche. La Beneficenza è un modo di dire, la Carità un effetto di stile. Non dovete fare altro che crederci, essere toccati dalla fede che salverà lo Spettacolo (il rinvio al concetto di Guy Debord mi sembra, al momento, irrinunciabile), e soprattutto urlarlo, ripeterlo, dire sempre di più e più forte che anche voi adorate quello che deve essere adorato, che condannate fermamente tutto quello che deve essere condannato, il razzismo sempre, il localismo, il localismo terrorista, gli integralismi islamici, tutti i populismi, tutti i qualunquismi, il traffico d'avorio e di pelliccia, l'ambaradan della Parigi-Dakar, la rinascita dei nazionalismi nei paesi dell'ex Blocco sovietico. Dilige et quod vis fac, diceva Sant'Agostino. Ama e fa' quello che vuoi. Oggi sarebbe piuttosto: Di' che ami e fa' tutti i soldi che vuoi.

****

La mia ingenuità è durata a lungo. Pensavo che le Cause Buone e Giuste fossero ovvie, naturali, lampanti; e che le cose interessanti da dire iniziassero proprio laddove il buon senso viene meno. Mi sbagliavo. Non basta essere contro la morte, l'apartheid, il cancro, gli incendi boschivi; non basta volere la tolleranza, il cosmopolitismo, le feste dei popoli e il dialogo tra le culture; non basta condividere le sofferenze degli etiopi, dei nuovi poveri, degli affamati del Sahel. No, non è sufficiente. La cosa fondamentale è dirlo e ridirlo, ripeterlo mille volte al giorno. Certo, bisogna anche trovare il modo di dirlo. Perché essere un vero benedicente non basta, quello che conta è l'atteggiamento, l'impressione, l'allure: ogni sacrosanto momento è buono per scoprire l'Eldorado delle buone azioni. Pensare giusto è un sapere a sé stante, una competenza; pensare giusto è pensare bene ma con quel tanto di aggressività da far credere all'ascoltatore, al lettore o allo spettatore, che tu sei li, audace, solo, coraggiosamente e impareggiabilmente solo, contro nemici terribili.

Fanno sempre molto ridere i pugni e i muscoli in mostra di chi fa finta di aver consacrato la propria vita alla Beneficenza. Facile, no?, arbitrare partite già giocate; niente male, eh?, conoscere in partenza il vincitore della battaglia; confortanti, i conti già regolati. Coordinare ricerche di morti è, a modo suo, una sinecura. In un mondo sempre più complesso, inestricabile, perso nelle proprie mistificazioni, ci aggrappiamo al tempo passato, quando esistevano ancora il Bene e il Male. Bianco sulle macchie più difficili, nero per scuri perfetti. Luce bianca purissima. Notte.

Non crediate di trovare grandi sorprese nel pattume della Storia. La telefatwa di qualche anno fa contro Heidegger ha mostrato una serie di cose interessanti. SCOOP! HEIDEGGER ERA NAZISTA. Il massimo onore consisteva allora nel portare a riva una carcassa di tedesco purosangue già divorato dai mille squali del tempo che scorre. Rivelare un bel segreto filosofico di Pulcinella: un atto di puro eroismo, un'impresa epica. Come la paura che abbiamo noi qui, a casa, al calduccio, la paura di Saddam, di Ceausescu, di Pol Pot e di gentaglia del genere. Ai distillatori del ben pensare testato e garantito servono cattivi della stessa stoffa delle loro virtù da strapazzo. Il peggior criminale può diventare una fiction per i nostri schermi perché il terrorismo del Bene - inseparabile dalla civiltà di massa (la lingua della massa è binaria: sì-no, buono-cattivo, bianco-nero) - per vivere ha bisogno di nemici semplici, su misura, di orrori spaventosi in provetta, ben impacchettati. Ed è grazie a loro che il Bene potrà estendere il suo dominio di indiscutibile esemplarità.

L'hitlerizzazione dell'avversario è un riflesso incondizionato. Negli ultimi tempi, Khomeini, Breznev, Gheddafi, Jaruzelski, per fare qualche nome a caso, sono stati eletti Hitler dell'anno a maggioranza assoluta, con il pericolo vero, poi, di eliminare la specificità decisiva dell'abominio hitleriano. Si fa tutto un gran parlare dell'esercito iracheno (addirittura «il quarto al mondo»), come della Securitate rumena. Ci devono iniettare senza soluzione di continuità la fede nella realtà reale della neorealtà. Viviamo in un'atmosfera di religiosità furiosa. E non sto parlando della buona vecchia religione di una volta, perché l'ateismo avanza, lo vediamo tutti, l'indifferenza si diffonde, le grandi fedi di un tempo (quelle sì che erano veramente folli e, in quanto tali, potevano giustificare la follia religiosa) sono sostanzialmente sparite. La nostra religione è ancora più delirante: la vera fede, oggi, è credere nello Spettacolo.

***

Ah! Le opere dei Misericordiosi! Oggi sono i cantanti, gli attori, gli sportivi, i creativi della pubblicità, sono loro, lo sappiamo, i veri modelli del nuovo esercizio di apologetica spettacolare. Vi sbattono in faccia il loro entusiasmo senza colpo ferire, con così tanto trasporto, si lanciano con così tanto fervore contro la droga, contro la miopatia congenita, contro le alluvioni, contro la fame nel mondo, per i diritti dell'uomo, per salvaguardare l'esistenza dei curdi, e con toni cosi convincenti, partecipi, commossi, che anche voi avete la sensazione, nel vederli scagliare le loro frecce coraggiose in pertugi tanto inesplorati, anche voi credete, per un attimo, che quelle Cause le abbiano scoperte loro. Che spettacolo palpitante! Management degli affetti speciali! Predatori del Bene perduto! Telefono azzurro dei Perseguitati!

***

Ma la vera goduria è quando tutti insieme i campioni delle Cause Buone e Giuste calcano le scene, quando si riuniscono per discutere, per dibattere sulle loro convergenze, quando cercano sfumature, varianti, quando in una disgustosa complicità si spalleggiano e si inventano conflitti che non esistono. Guardateli, ascoltateli, sono arrivati, ci sono tutti, tutti la stessa famiglia, le nostre Dame della criminalità misericordiosa. Perché fare i nomi? Perché citare le trasmissioni? I programmi? È il quadro d'insieme che è maestoso: una Charity connection di pura classe. Se le volessero davvero fare, le distinzioni, cambierebbero il ritornello. Sbaglio o nel Sud Italia ogni anno nelle rappresentazioni della Passione, il Cristo è interpretato proprio da certi mafiosi arcinoti? Cos'altro si fa, oggi, sui set di fine secolo? Non c'è mafia senza famiglia, né senza idealizzazione della famiglia (il pericolo è dietro l'angolo, i traditori si moltiplicano, solo la famiglia non mente), e il ritorno alla famiglia di cui giornalisti di tutte le specie si riempiono la bocca non è altro che un sintomo del trionfo, in tutti i campi possibili e immaginabili, della quintessenza dello spirito mafioso, con i suoi tratti più tipici (protezione, clientelismo rabbioso, culto grottesco dell'«onore», vendetta delle offese subite, omertà). La Banca Mondiale dei diritti dell'uomo è il ponderoso organismo di riciclaggio dei loro capitali. Una dichiarazione filantropica, una sola, e vi saranno spalancate le porte di sconfinati paradisi fiscali, mille volte più inespugnabili di Panama o delle Isole Cayman.

Bisogna comunque riconoscere che sono maestri nell'arte della contestazione, della controversia fasulla, dell'antagonismo duro e puro di bimbi più sani e più puliti. Stalkeraggio emotivo che nessuna legge potrà punire! Eh sì, il Bene ha invaso tutto; un Bene un po' speciale però, elemento che complica ulteriormente le cose. Una pagliacciata di Virtù, o meglio, più esattamente: quello che resta di una Virtù non più pungolata dalla furia del Vizio. Un Bene riscaldato. Un revival del Bene che sta all'«Essere Infinitamente Buono» della teologia un po' come un quartiere «riqualificato» sta ai rioni di una volta, costruiti lentamente, assemblati con pazienza, in base al tempo e al caso; o come quelle porcate di «aree verdi» stanno al buon vecchio verde normale, di alberi cresciuti alla bell'e meglio senza chiedere niente a nessuno; o ancora, se preferite, come uno scaffale di bestseller sta alla storia della letteratura. Un Bene riscaldato, una nostalgia di Bene, perché il Bene reale è impossibile. Ci rimane come una specie di premio di consolazione. Un Bene di consolazione, ecco. Tali barbarie non potevano più continuare! Era ora che finissero gli orrori! Ora basta, si dorme! A letto! Tubini e tubetti, chimica, orari di visita, tivù in camera. Ciak si cura! Il medico non ride più del prete, ormai si sono fatti carico, insieme, mano nella mano, del nostro avvenire. Anestesia all'uopo. Cura del sonno. Calmanti. Tutti a nanna."

(Estratto da: L'Impero del Bene)
… (lisätietoja)
 
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AntonioGallo | 1 muu arvostelu | Nov 2, 2017 |
Je découvre Philippe Murray par ce court essai et il faut bien dire que l'essayiste tord nos petits conforts et nos quotidiennes lâchetés avec un mordant irrésistible de drôlerie. Cela pamphlétise, tiraille, mitraille et nous en tirons la morale à travers les rafales. Murray ne déploie pas de concepts ou d'analyses fouillées dans ce livre : il est en embuscade derrière sa télévision, ses journaux, ses programmes de festivals, pose son bâton de dynamite et pousse à fond le détonateur pour nous en coller plein la vue. Le style est bloysien, célinien, scalpelisant et pourtant truffé de drôlerie. Nous rions franc sur certaines saillies, jaune quand on sent être dans la catégorie des cibles. L'ensemble est tout de même rafraichissant et permet de prendre du recul sur notre époque qui a le plus souvent tendance à marcher sur la tête que sur ses pieds. C'est pourquoi le pied-de-nez est salutaire.… (lisätietoja)
 
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Veilleur_de_nuit | 1 muu arvostelu | Sep 1, 2012 |
Festivus Festivus is the Latin taxonomic entry Philippe Muray has coined for the current iteration of Homo Sapiens. FF is the rollerblade loving, concert going, uninspired and uninspiring bon vivant you might have seen described as bobo elsewhere (and he acknoledges this). But for nearly 500 pages, Philippe Muray goes on and on. And on. There are a couple of fairly astonishing things about this. One, it's very entertaining and readable, and two, there is actually someone who gives all these things this much thought. Muray thought absolutely everything all the way through. He was ready to discuss, argue and do battle over every issue, news event, celebrity, philosophy, religion - you name it, Muray could engage in intelligent argument over it.

Anyone that precocious has got to be quite full of himself, and Muray fits the bill too. His thoughts list towards the arrogant and the negative; nothing is the least bit pleasing. But getting there is fun. He was very creative with word choice, often inventing new nouns out of people's names to describe a state - the martineaubryization of the Parti Socialiste. He twisted nouns into verbs and verbs into nouns as needed to give his thoughts the most precise flavour he could. You will undoubtedly need a dictionary to keep up with choices. Extremely clever chapter titles (Nothing will ever be like what comes after. The end of the world has been moved to an earlier date) are totally wasted on what is simply more the same conversation. But he had the creativity to spare, so he used it.

The book covers this decade - until his death - and so all the events that shaped the world get reshaped by his prism. From Twin Towers to the war in Afghanistan, from the rise of Muslims in France to the self inflicted disaster of the PS under Lionel Jospin - everything gets shredded and put in its proper place. Philippe Muray looked into everything, and his perspectives show clearly he had his thumb on everything. He was too right most of the time, but also guilty of being wrong for latching onto assumptions and stray quotes. It's easy enough to take issue with much of what he has decided. But it's great that someone was able to speak endlessly and intelligently about damn near anything.
(In French only)
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DavidWineberg | Oct 5, 2010 |

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